Sullla navata destra vi è
un organo costruito da Callido nella seconda metà del 1700;
il suo particolare suono è ulteriormente valorizzato
dall'ottima acustica della chiesa, che risulta una delle sedi
più idonee per l'organizzazione di concerti. A destra
dell'organo vi è un gigantesco San Cristoforo, affrescato da
Antonio da Treviso nel 1410. Si narra che i pesci dipinti ai
piedi del Santo siano proprio quelli del vicino fiume Sile.
Nel chiostro vi è la Sala del Capitolo dei Domenicani,
affrescata da Tomaso da Modena nel 1352: costituisce uno dei
più importanti cicli di affreschi del XIV secolo in Italia.
Capitolo dei Domenicani Nel 1352
Tomaso da Modena ebbe l'incarico dai Domenicani, che in quel
periodo risiedevano nel convento di S. Nicolò, di abbellire
la Sala del Capitolo con le raffigurazioni dei 40 frati
Domenicani che nel tempo avevano reso onore all'ordine,
distinguendosi per sapienza e santità. La sala aveva già
degli affreschi alle pareti e Tomaso da Modena li coprì con
un nuovo intonaco. Volle però lasciare intatto l'affresco
della Crocifissione preesistente, anzi dipinse i suoi 40
frati in modo che fossero tutti orientati verso quell'immagine.
Ogni frate è ripreso dentro ad una piccola cella sempre
uguale. Nonostante questa ripetitività non c'è monotonia nella
rappresentazione, perchè ognuno è colto in atteggiamento
differente e spontaneo: chi legge stupito, chi è assorto nei
suoi pensieri, chi scrive, chi corregge ciò che ha scritto;
chi ha l'aspetto giovanile, chi invece è anziano, chi è
magro, chi è grasso. I "modelli" dell'artista furono
sicuramente i frati ospiti del convento. Ulteriore conferma
del realismo e della grande attenzione per la realtà
dell'artista è l'immagine del Cardinale Ugo Provenza e, in particolare, dei suoi occhiali: è la prima volta nella
storia dell'arte che questo oggetto viene riprodotto.
Quello in S. Nicolò costituisce quindi la prima
testimonianza. SANTA
CATERINA Nel 1312 i trevigiani
decisero di demolire del tutto il palazzo dei Caminesi in
contrada Sant'Agostino, già svaligiato e in parte diroccato
nel 1312, quando Guecello da Camino aveva tentato di
consegnare la città a Cangrande della Scala. Compiuta la
demolizione, rimase libero un vasto terreno vicino alla
fossa urbana che da quella parte cingeva la città. Su quell'area,
nel 1346, i Servi di Maria dettero inizio alla costruzione
della Chiesa e del Convento di Santa Caterina. Del complesso
venne a far parte anche la "Cappella degli Innocenti", che
molto probabilmente costituiva una delle costruzioni del
palazzo preesistente. I lavori si protrassero per molti
decenni, con pause e interruzioni. In un affresco,
attribuito a Tomaso da Modena, esistente all'interno della
stessa chiesa e datato intorno al 1358, Santa Caterina tiene
in mano un modellino della città (nell'affresco sono
chiaramente leggibili le parole che escono della bocca
della Santa; in lingua latina Ella sta dicendo che quella
che sta tenendo in mano è la città di Treviso per la quale
pregherà il suo Dio); tra gli edifici spicca la facciata
ancora incompiuta della chiesa a lei dedicata. Si presume
che la costruzione, almeno nelle strutture fondamentali, sia
stata portata a termine nel 1399; fu poi ampliata e
completata nel Quattrocento. Nel 1511, durante la guerra dei
Collegati di Cambrai, ebbe distrutta l'abside maggiore. Subì
rimaneggiamenti e un radicale "restauro" verso il 1590. Gli
affreschi furono probabilmente scialbati in tale periodo e
rimasero sotto la calce fino al 1944. Nel 1772 il
convento fu abbandonato dai frati. Durante il periodo
napoleonico la chiesa fu completamente trasformata e ridotta
a magazzini, uffici militari e abitazioni, dopodichè non fu
più riconsacrata, nè vi ritornò alcun ordine monastico. Ora
l'ex convento è sede del Museo di S. Caterina, dove sono conservati
bellissimi affreschi trecenteschi con le Storie di S.
Orsola di Tomaso da Modena. Sulla parete interna
sinistra vi sono inoltre parecchi affreschi del XIV e XV
secolo, tra cui "Le storie di Sant'Egidio" attribuite al
Pisanello. Il Museo, inoltre, ospita un excursus delle
migliori opere provenienti dalla sezione archeologica, dalla
pinacoteca e dalla galleria comunale di arte moderna del
Museo Luigi Bailo, ora in restauro.
Le Storie di S. Orsola
Dopo qualche anno dal Ciclo dei Domenicani,
Tomaso da Modena
lavorò in una cappella di S. Margherita, affrescando le
Storie di S. Orsola. Purtroppo esse non si trovano più in
quella chiesa, perchè verso la fine dello scorso secolo ne
fu ordinata la demolizione e gli affreschi furono staccati e
portati al Museo Civico e quindi qui, in S. Caterina. La
leggenda di S. Orsola era molto diffusa all'epoca: Orsola,
principessa cristiana, viene chiesta in sposa dal principe
d'Inghilterra, che invece era pagano. Dopo un pellegrinaggio
dal Papa a Roma e prima del matrimonio, viene martirizzata a
Colonia dal re degli Unni (che la voleva sposare e al quale
lei si era rifiutata), assieme alle sue 11.000 ancelle e al
Papa che l'aveva seguita. Anche quest'opera è animata da
realismo e, soprattutto, da una particolare dinamicità: la
processione con il Papa e la scena del martirio, ad esempio.
Altro avvenimento, completamente nuovo nella storia
dell'arte, è espresso nella scena del dialogo di Orsola con
la madre: dalla bocca della Santa escono le parole che ella
sta pronunziando, proprio come accade nei moderni fumetti.
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