TREVISO NELLA STORIA "... Noi trovammo Trevigi nel cammino,
che di chiare fontane
tutta ride
del piacer d'amor, che quivi è fino ... "
(Fazio degli Uberti)
L'origine di Treviso si perde nella notte dei tempi. Anche
il suo nome non trova derivazioni sicure. C'è chi lo accosta
al celtico tarvos (toro), chi a trev che in gallico
significa "villaggio di legno", chi "tre-visi"
di cui resta,
come testi monianza, la figuretta a tre facce collocata
davanti alla sede municipale di Ca' Sugana. Il riferimento
più attendibile rimane comunque quello derivante dal latino
ter-visus che significa tre Colline, corrispondente alle
attuali Piazza Duomo, dei Signori e S. Andrea.
Di sicuro sappiamo che Treviso ebbe origini fluviali e questa
sua caratteristica segnò nel tempo le sue vicende
geostoriche e paesaggistiche (Tessari). Con una immagine
poetica potremmo dire che Treviso è un dono del Sile e dei
Cagnani.
Il primo nucleo abitativo risale forse all'epoca delle
migrazioni veneto-celtiche, con insediamento nella zona di
S. Andrea, ove viene a costituirsi un piccolo emporio con
embrione di porto fluviale, fra le confluenze del Siletto e
del Cagnan nel Sile.
I più recenti reperti sulla antichità di Treviso sono venuti
alla luce in Piazza dei Signori. Ce lo ricorda il prof.
Giuliano Palmieri in una monografia scritta per "Treviso
Nostra", edita dalla Tarvisium.
All'inizio dell'estate del 1974 era stato effettuato uno
scavo profondo circa sei metri per conto di una ditta
privata e il materiale era andato disperso in varie
discariche; solo una modestissima parte era finita in un
orto alla periferia della città e da questa si riuscì a
recuperarne una buona quantità, che fu oggetto di una mostra
a S. Caterina nel 1977. Si trattava di qualche migliaio di
frammenti di ceramiche, un discreto numero di oggetti in
bronzo, in corno di cervo e in osso lavorato, lisciato in
pietra, intonaco di capanne, legno e resti di pasto
costituiti da ossa di animali. La cronologia del materiale
andava dall'età romana al bronzo medio-recente. Risalendo
nel tempo, la vita della città trovava così una sicura
documentazione dai giorni nostri fino al sec. XV a.C.
Ritornando alle origini di Treviso, dopo il primo
insediamento a S. Andrea, le casette di legno e di paglia si
sparsero su altri terrapieni fra canali e rogge.
Storia senza storia, nel corso della quale il villaggio si
allarga assumendo l'aspetto di centro cittadino.
Tarvisium la chiamarono i Romani quando giunsero nel Veneto
agli albori del secondo secolo a.C. concedendo, molto tempo
dopo, alle popolazioni occupate la cittadinanza latina.
Treviso diventò così "municipio" romano iscritto alla tribù
Claudia, sede di attività amministrative e commerciali e il
suo territorio fu sottoposto alla centuriazione, che in
città ruotava intorno al "cardine massimo" e al "decumano
massimo", oggi identificabili (con un po' di fantasia)
rispettivamente nella via Martiri della Liberta (da piazza
Borsa a piazza S, Leonardo) e nel Calmaggiore - via
Indipendenza. Più incerta l'ubicazione del "cerubio" che però
a suon di logica doveva esse re al "croxe de via", dove vi
è
la Loggia dei Cavalierl.
LE INVASIONI DEI BARBARI
Dal 401 l'ltalia e il Veneto diventano preda dei barbari
(prima i Visigoti con Alarico e poi gli Unni guidati dal
feroce Attila) i quali portano distruzioni e morte
provocando anche la caduta dell'Impero Romano (476).
Quindi arrivano gli Ostrogoti, con a capo Teodorico e
successivamente i Bizantini, con Belisario, che occupa
Treviso nel 540. Ma un anno dopo ecco sopraggiungere i Goti,
che sconfiggono i Bizantini e lasciano in città, a comandare
la guarnigione militare, un certo Badiulla, nipote di re
Ildibaldo, più noto con il nome di Totila (il vittorioso),
che diventa poi anche lui re dei Goti e muore in
combattimento a Tagina nel 552.
Questo personaggio fu erroneamente creduto cittadino
trevigiano e la sua effige è stata immortalata in un
medaglione che l'Amministrazione civica ancora oggi consegna
a cittadini benemeriti.
Dopo un breve ritorno dei Bizantini (553-568) arrivano nel
Veneto, dalla Pannonia, le orde dei Longobardi al comando di
re Alboino, che la moglie Rosmunda farà uccidere a Verona da
uno scudiero nel 574.
Treviso si salvò per merito del Vescovo Felice che si recò
sulle rive del Piave, presso Lovadina, ad incontrare
Alboino, al quale riuscì a strappare la promessa di non
assalire la città. Pare anche che da questo incontro
nascesse una sincera amicizia tra i due. Certamente Treviso
fu sempre guardata con simpatia dai Longobardi: divenne sede
di un Ducato, poi di un gastaldo che aveva la funzione di
occuparsi dei beni della corona, quindi (nel 757) di una
importante zecca che battè i "tremissi" d'oro per conto di
re Desiderio; la zecca continuerà poi la sua attività fino
al dominio della Serenissima per la quale conierà i "bagattini".
Ma anche il regno dei Longobardi è destinato a tramontare,
nonostante i matrimoni delle figlie di Desiderio (Ermengarda e Gerberta) con principi carolingi. Nel 773,
sconfitto dagli eserciti nemici, Desiderio muore dimenticato
in un piccolo monastero francese. Carlo Magno diventa così
(774) signore incontrastato dei domini longobardi in Italia
e lascia a Treviso (dove era arrivato il 16 aprile del 776)
un suo governatore, che purtroppo viene ucciso durante una
sommossa. Questo episodio crea nuove guerre e nuovi lutti,
finché la città deve a malincuore sottomettersi
definitivamente ai Franchi.
E' a questo punto che si innestano nella storia trevigiana
le leggendarie imprese del paladino Orlando, arrivato fino a
noi al seguito delle armate di Carlo Magno. Si racconta che vicino a Treviso egli
abbia affrontato in campo aperto 30 mila saraceni,
sbaragliandoli in poche ore, nonostante la grande inferiorità
numerica dei Franchi. Poi, gratissimo a Dio per la
strepitosa vittoria, eresse sul posto una
chiesetta, dedicandola all'Arcangelo Michele. Quel posto era
forse lo stesso ove parecchi secoli dopo doveva sorgere la
borgata di Sant'Angelo. Sembra confermarcelo una lapide
interna scritta in latino, sopra una delle porte laterali
della vecchia chiesa parrocchiale, in cui si ricorda il
leggendario episodio. Con la morte di Carlo Magno (814) e con la caduta del Sacro
Romano Impero, anche Treviso spera di riottenere finalmente
la libertà, ma purtroppo deve prima conoscere altre amare
esperienze: l'invasione degli Ungheri che devastarono la
città (898), il dominio di Berengario marchese del Friuli e
poi re d'Italia (ucciso a Verona nel 924) e infine gli
editti dell'imperatore Ottone I di Sassonia, che nel 952
decretò l'unione delle Venezie al Ducato della Baviera.
Soltanto verso la fine del sec. X (dopo una breve esperienza
come piccolo centro del marchesato del Friuli) Treviso
diventa capoluogo della Marca trevigiana, la quale nel 1162
si identifica nel motto "Monti Musoni Ponto dominorque
Naoni" (domino dal monte al mare dal Musone al Noncello).
Questo motto è ancora oggi riprodotto nello stemma
dell'Amministrazione Provinciale.
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