Alberico fu signore di Treviso con la carica di Podestà per quasi un ventennio. Il suo governo sembra sia stato in un primo tempo buono e saggio, tanto da meritarsi gli elogi di due papi (Gregorio IX e Alessandro IV). Era amico di poeti provenzali e fu lui stesso - ci raccontano gli storici - verseggiatore fecondo. Peccato che di questa sua attività ci sia rimasto ben poco. Secondo altri (Monaco di Padova) fu crudele e barbaro, tanto da superare nelle scelleraggini il fratello Ezzelino. E' certo comunque che Alberico cambiò il suo atteggiamento dopo essersi riappacificato con Ezzelino, il 3 aprile 1257 (ammesso che fra i due fratelli ci sia stato prima un vero rancore). Ciò gli costò la scomunica papale, per essere diventato protettore dei ghibellini, considerati eretici. Si tramutò allora in tiranno e prevaricatore (soprattutto con il clero), tanto da attirarsi un tale odio da parte dei trevigiani che non esitarono a immortalare nei loro statuti, come giorno di festa e da ricordare, quello in cui si liberarono di Alberico e della sua famiglia. La sconfitta di Ezzelino a Cassano d'Adda (27 agosto 1259) ad opera della Lega dei Guelfi e la sua morte nelle prigioni di Soncino dopo un paio di settimane, avevano segnato la fine anche del fratello Alberico, il quale prudentemente aveva abbandonato la città ancora due mesi prima (il 3 aprile), rifugiandosi nel munitissimo castello di S. Zenone. Qui, nel giugno del 1259, venne circondato dalle milizie della Lega dei Guelfi formata da trevigiani, veronesi, padovani, bassanesi, vicentini, furlani ecc. tutti, chi più chi meno, interessati ad estirpare dal mondo la famiglia dei Da Romano.
Tre mesi durò l'assedio, finché il 24 agosto, per tradimento, i suoi nemici riuscirono a penetrare nel castello, trucidando Alberico e l'intera sua famiglia. Si racconta che, dopo avergli messo un morso di legno in bocca per non sentirlo gridare, lo fecero assistere alla decapitazione della moglie, delle due figlie e dei sei figli (di cui uno ancora in fasce). Poi il suo corpo fu legato alla coda di un cavallo e trascinato per gli accampamenti, quindi fu lasciato ai trevigiani, che lo portarono in città per bruciarlo insieme al suo palazzo di piazza Duomo.
In quell'occasione il podestà Marco Badoaro, forse per giustificare tanta inumana ferocia, pronunciò contro Alberico una pesante sentenza di morte, attribuendogli mille iniquità. Per ottenere il perdono di Dio, dopo tale scempio, i trevigiani si abbandonarono ad una ondata di religiosità e di misticismo favorendo opere pie, ospedali, ordini religiosi, fra i quali la "Scuola dei Battuti", dalla quale fu istituito successivamente il nostro Ospedale.

CUNIZZA DA ROMANO

Dalla distruzione della progenie dei Da Romano si salvò solo Cunizza, sorella di Ezzelino e Alberico, la quale riuscì a prendere il largo riparando in Toscana presso i conti Alberti di Mangona, parenti di sua madre.
Cunizza Da Romano aveva avuto una vita piuttosto avventurosa fin dalla giovane età. A 22 anni era andata sposa al conte Rizzardo di San Bonifacio di Verona: matrimonio politico che, insieme a quello del fratello Ezzelino, che aveva sposato Zilia, sorella di Rizzardo, doveva consolidare la pace tra i ghibellini Da Romano e i guelfi San Bonifacio. Purtroppo la tregua fu di breve durata e la ripresa delle ostilità tra le due casate coinvolse suo malgrado anche Cunizza, che fu "rapita" da Sordello e ricondotta a Treviso. Sordello, trovatore e poeta mantovano (Goito), era da tempo alla corte dei San Bonifacio e per Cunizza nutriva un amore (corrisposto), che non era del tutto platonico. Per questo quando fu avvicinato dai Da Romano e incaricato di riportare a Treviso la loro sorella, accettò di buon grado l'invito e compì la missione senza trovare eccessive resistenze. Giunto a Treviso però, il nostro trovatore dimenticò presto Cunizza e incominciò a stringere amicizie e relazioni che lo costrinsero ad un matrimonio segreto con una certa Otta, della nobile famiglia degli Strasso, con castelli dalle parti di Onigo.
Costoro, non appena la faccenda venne a galla, giurarono tremenda vendetta e così sarebbe stato per il povero Sordello se non avesse lestamente levato le calcagna, rifugiandosi in Provenza. Cunizza frattanto non si era perduta d'animo. Abbandonata da Sordello, aveva rivolto le sue attenzioni verso un giovane cavaliere trevigiano di nome Bonio, sposato con prole, fuggendo con lui e "divertendosi assai e assai spendendo" (Marchesan).
Finiti i soldi, i due amanti ritornarono a Treviso, dove il Bonio riprese le armi combattendo per Alberico Da Romano contro le armate di Ezzelino, che voleva riprendersi la città. Purtroppo un colpo di spada lo mandò al Creatore e Cunizza rimase ancora una volta sola e sconsolata. Decise allora di recarsi a Padova sotto la protezione del fratello Ezzelino, il quale la fece convolare a seconde nozze politiche con un certo Raimerio di Breganze, nobile e potente signorotto, che però ebbe vita breve lasciandola ancora una volta vedova. Non si sa con certezza se la nostra Cunizza si sia nuovamente sposata, anche se qualche storico le attribuisce ben sei matrimoni. Quello che è certo è che, sfuggita allo sterminio della sua famiglia e riparata in terra toscana presso parenti materni, Cunizza visse fino alla veneranda età di 80 anni passati.
Con la fine dei Da Romano, Treviso ritorna al libero ordinamento comunale, aggiornando gli statuti, fondando una Università (1263) e proibendo anche di nominare le parole "guelfo" e "ghibellino", sperando così di evitare altre sanguinose contese. Nel 1270 arriva a Treviso l'Ordine religioso-militare dei Frati Gaudenti, milizia della Beata Vergine Gaudiosa, sorta nell'Italia settentrionale e centrale per combattere gli eretici. Vestivano tonaca bianca con mantello nero e avevano come insegna una croce rossa affiancata da due stelle. In città continuavano frattanto le rivalità tra le opposte fazioni e spesso scoppiavano gravissimi tumulti. In uno di questi (2 aprile 1268) Gherardo dei Castelli, capo dei Rossi uccise Brancaleone dei Ricchi, capo dei Bianchi, creando una situazione di tensione e di paura che durò per parecchi anni. Di ciò approfittarono i Da Camino, i quali con Gherardo (figlio di Biacquino), nel novembre del 1283, "per volontà di popolo" diventarono "signori" di Treviso, dopo aver scacciato i dei Castelli e le famiglie ghibelline.
I Da Camino erano di origine longobarda. Si insediarono prima nel castello di Montanara (Montagner), alle falde del Cansiglio, e nel 1120 si divisero in due rami: i Caminesi di sopra a Serravalle di Vittorio Veneto e i Caminesi di sotto poco lontano da Oderzo, appunto a Camino. Con alterne vicende furono in guerra e alleati di Treviso.

 
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