La mancanza di pietra da taglio ha fatto
nascere a Treviso la necessità di affidare la parte
decorativa alla pittura, anzichè alla scultura. Ecco la
ragione dello splendore delle facciate affrescate delle
case, che diede a Treviso l'appellativo di "urbs picta" (di
cinquecento siti affrescati ne restano circa la rnetà).
Alcune di queste decorazioni ci sono pervenute in buono
stato di conservazione, ma con un po' di immaginazione è
facile rendersi conto di quanto più vivace e variopinta
fosse la città di Treviso quando gli affreschi avevano
ancora i colori intatti.
Le costruzioni erano dipinte sia all'interno che all'esterno
e, da principio, le decorazioni erano a motivi geometrici,
elegantemente evolventi in finte tappezzerie. Nel
Cinquecento la cultura umanistica sostituì a poco a poco
questi motivi con figure allegoriche e scene mitologiche e
storiche, inserite in paesaggi o prospettive che allargavano illusionisticamente le strade. Accoppiato alla decorazione
ad affresco, l'uso del cotto abbelliva ulteriormente l'intera
costruzione.
Accanto a tutti questi motivi ornamentali, è frequente la
raffigurazione del monogramma di S Bernardino da Siena,
spesso in affresco, ma anche in pietra, in gesso o in cotto.
Il frate francescano, vissuto nel XV secolo, soleva
predicare tenendo in mano un'asta sopra la quale era posta
un'ostia consacrata. I Trevigiani furono così entusiasti
della sua predicazione che diffusero il suo simbolo sulle
facciate delle loro case: un'ostia con le lettere JHS (Jesus
Hominum Salvator) circondata da un sole raggiante.
La città di Treviso è un insieme di cicli artistici oltre
che di siti civili affrescati. Si ricorderà S. Caterina, S
Nicolò, il complesso del Duomo, il Monte di Pietà, per
ricordare i più notevoli.
Le peculiarità di Treviso come città d'arte sono, come si
diceva, anche le case affrescate.
Le prime attenzioni sui tema avvengono con Cavalcaselle
nell'Ottocento e proseguono sino alle due guerre mondiali
ove le distruzioni richiamarono l'attenzione dell'immane
perdita.
Il Botter, in particolar modo, dedicò parte della sua vita
allo studio ed al recupero del patrimonio affrescato.
Alla luce di nuovi studi, la città si pone crocevia tra le
due grandi capitali d'arte del Veneto quali furono prima
Padova (con Squarcione, Mantegna e i Fiorentini) e quindi
Venezia con i Vivarini ed i Bellini.
Treviso tuttavia aveva già avuto il grande Tomaso da Modena
e dopo di lui un lungo elenco d'artisti che affrescarono
letteralmente case e chiese.
Nel recente studio di Giuliano Martin (Giorgione negli
affreschi di Castelfranco, Electa ed., Milano 1993), si
ipotizza addirittura una giovanile attenzione se non una
presenza del Giorgione nei fregi trevigiani, prima dei suoi
affreschi a Castelfranco e a Venezia.
Il discorso su Giorgione a Treviso non è comunque così
remoto se riscopriamo il lascito del vescovo Alvise Molin
(Treviso 1595-1604), fonte che a proposito del "Cristo nel
Sepolcro" legato al Monte di Pietà dice "....dal Giorgione per
la famiglia Spinelli da Castelfranco".
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