IL CASTELLO D'AMORE

Tra le feste cavalleresche che si tenevano a Treviso nel Duecento e che contribuivano a renderla famosa come "Marca gioiosa et amorosa ", ricordiamo il "Castello d'amore" che di solito veniva organizzato nei giorni di Pasqua, a "sollazzo" di cittadini e cavalieri provenienti anche dalle città contermini.
Sopra un castello di legno ornato di broccati e arazzi multicolori, prendevano posto le più leggiadre donzelle del tempo, le cui grazie venivano conquistate dai cavalieri a colpi di mele, datteri, noci moscate, rose, gigli, ampolline di profumi e con ogni altra specie di fiori e di spezie (Rolandino) grate per olezzo e per bellezza.
Il "Castello d'amore" che passò alla storia, fu quello del 19 maggio del 1214, tenutosi alla "Spineta" (o Selvana), l'attuale porta S. Tomaso e il Limbraga. Podestà di Treviso era Salinguerra dei Torelli di Ferrara. Furono invitati alla festa donzelle e cavalieri di Venezia e Padova che arrivarono in gran numero con largo seguito di amici, parenti ed estimatori.
Per le vie di Treviso c'era un continuo sfilare di pittoreschi cortei con le insegne delle città che partecipavano ai festeggiamenti.
Tutto sembrava volgere al meglio senonché, proprio nel pieno della mischia per la conquista del "castello", sopra il quale vezzeggiavano le dame con i capi ricoperti di ornamenti variopinti, scoppiò una rissa tremenda tra padovani e veneziani, nel corso della quale il vessillo di S. Marco fu ridotto a pezzi.
Per fortuna si intromisero i "maestri d'arme" ai quali era affidato il buon andamento della festa e per quel giorno tutto finì con la sospensione del "gioco". Ma le conseguenze non si fecero attendere e si giunse ad una vera e propria guerra tra padovani e veneziani, nella quale furono coinvolti, loro malgrado, anche i trevigiani.
La guerra durò circa un anno e si concluse con la vittoria dei veneziani, dopo di che il Pontefice Onorio III delegò il Patriarca di Aquileia a far da paciere e a invitare le parti a dimenticare torti e offese.
Sulla vicenda del Castello d'amore, dalla fonte del XIII secolo ai giorni nostri, hanno scritto numerosi autori italiani e stranieri e varia è stata la iconografia, con immagini non solo nell'affresco ma in codici minati, avori, sete, stoffe ricamate e dipinte.

IL PALIO

Tra i divertimenti medioevali dei trevigiani non mancarono nemmeno le corse al "Palio". Nel corso dell'anno una di esse era indetta dal Comune, per commemorare qualche importante avvenimento, un'altra era promossa dagli avogari del vescovo e qualche altra da persone private.
Il primo ricordo di corse al "Palio" a Treviso ci è data da questa nota del 1313 "Et XII denarios grossos Viviano et Bonifacino tombratoribus in solucione unius vie, quam fecerunt cum domino potestate ad cursam ad palium".
Tra le corse indette dal Comune si hanno precise testimonianze di quella avvenuta nel 1340, quando Treviso si trovava da pochi mesi sotto il dominio della Repubblica di Venezia ed era podestà Marino Falier.
In quell'anno, e poi anche in parecchi altri dei seguenti, la corsa si svolse il giorno 6 dicembre, festa di San Nicolò: un bando del podestà, pubblicato alcuni giorni prima della corsa nelle tre principali piazze della città, cioè del Duomo, del Carrubio (l'attuale Piazza dei Signori) e di San Leonardo, avvertiva che tutti coloro i quali avessero voluto prendervi parte dovevano dare in nota i loro cavalli a podestà e avvisava che il primo cavallo a raggiungere la méta avrebbe guadagnato il palio (solitamente consisteva in parecchie braccia di velluto cremisi), il secondo un falcone o un avvoltoio, l'ultimo l'allegorica "baffa porcina" (un prosciutto o pezzo di lardo di porco).
Nei bandi degli anni seguenti fu aggiunto il premio per il terzo arrivato, consistente in un gallo.



GLI STATUTI COMUNALI

""Gli Statuti trevigiani costituiscono una preziosa fonte storica e riflettono la società in crescita e formazione nei primi secoli della libertà comunale. Raccolti ufficialmente dal 1207, i testi manoscritti sono vere e proprie leggi istituzionali e di diritto civile, costitituiscono un complesso dinamico di norme e impegni via via integrantisi e chiarentesi, sovrapponentisi ed eliminantesi. Codici non statici, non codificati, cioè non mummificati.
Treviso li conservò tutti, vanto della cultura giuridica dell'Occidente Europeo. Venezia li rispettò. Esprimono l'elevato grado di civiltà nell'organizzazione dei servizi, nelle definizioni di gerarchie e magistrature, nell'armonia di leggi e ordini: frutto del Maggior Consiglio dei Trecento e del Minore, cui si ridusse il primitivo Concione o Arengo, assemblea totale popolare.
Assoluta separazione tra lo Jus comunale e quello canonico, superstiti elementi di diritto romanico e di vari barbarici. Salvati dal De Rossi nel 1796, studiati e pubblicati criticamente dallo storico eminente mons. Giuseppe Liberali nel 1955, sono il vanto di cultura universale della città"" (Teodolfo Tessari).

 
Home page
Enigmistica
Foto Gallery
Wallpapers
Grafica
Ricette
Segreti della nonna
Di tutto un po'
Treviso
Storia
Mura e porte
Torri
Portici
Case affrescate
Canali
Piazze e palazzi
Chiese
Gastronomia
Treviso (English)
Disclaimer
Guestbook